
La torre di Bocca d’ Arno: cenni storici
La storia della torre di Bocca d Arno, da non confondersi con il più tardo Fortino (eretto tra il 1759 e il 1761, e raso al suolo nel 1931) va naturalmente inquadrata in quella fisica del territorio e del sistema di vigilanza e difesa militare delle coste toscane. Anticamente il corso dell Arno a valle di Pisa dopo aver toccato l abitato di Case Nuove volgeva bruscamente verso mezzogiorno e ai Bufalotti (a ovest della basilica di S. Piero a Grado), fiancheggiando l’ attuale argine di Arnino, si avviava lentamente al mare trovando la sua foce molto più a sud di quella attuale, all incirca all altezza, o poco a più sud, dell attuale Piazza Sardegna a Marina di Pisa. Tra il caseggiato di Torretta (anticamente Turrita) e il mare esisteva fin dal 1100 un borghetto raccolto intorno alla chiesa (Santa Croce in Foce d Arno) con un convento di monache e annesso ospedale. A nord della chiesa erano situate due torri di vedetta la cui origine è senza dubbio antica: già esistevano nel 1286, anno in cui ripetutamente ne è fatta menzione negli Statuti pisani. 1 Queste torri, che avevano funzione di avvistamento marittimo costiero e di segnalazione, sorgevano una sulla riva sinistra del fiume (ne è giunta fino a noi solo la base che fa da barbacane a una casa colonica di Torretta, di moderna costruzione); e l altra, in posizione un po più avanzata della prima, sulla sponda opposta. È quest ‘ultima la torre di Bocca d Arno (turris Faucis Arni), poi incorporata nella casa padronale Apolloni, attuale villa di Arnovecchio. La torre, evidentemente l unica delle due armata e costantemente presidiata, come risulta dalle fonti, si ergeva su un punto molto elevato del possesso arcivescovile di San Rossore, e doveva essere più dell altra ampia alta e resistente, servendo non solo a controllare l accesso fluviale ma anche a trasmettere al governo della Repubblica le segnalazioni ricevute, venendo così a costituire una specie di terminale di quella sorta di sistema telegrafico, a mezzo di segnali con fuoco e fumo, che si stendeva dall arcipelago (Elba, Capraia, Gorgona e Giglio) fino a Pisa.
Anche se non conosciamo la data di costruzione originale della torre di Bocca d Arno sappiamo però che venne eventualmente ricostruita e ampliata nel 1355: In questo anno non occorsero altre cose degne di memoria: se non che, essendo la torre di foce d Arno, per la vecchiezza sua, in male stato; la Repubblica ordinò di farne una maggiore, bastante a ricevere più numero di gente della prima. Dettesi la cura di questa fabbrica a Nicolajo Gambacorta, a Ricucco Ricucchi e Francesco Griffi; che con molto onor loro, la fecero tirare a fine. 5 L edificio, a pianta quadrata o rettangolare con lati di dimensione compresa tra i 5-6 ed i metri, probabilmente con un basamento a scarpa, doveva certamente presentare una terrazza sommitale di avvistamento, dalla quale si segnalava anche con le torri vicine. L’accesso alla torre avveniva generalmente attraverso una semplice porta rettangolare aperta nel muro al piano rialzato, dal lato opposto a quello volto verso il mare, e a cui si arrivava solo per mezzo di una scala esterna che terminava con un piccolo ponte levatoio al piano: Nell’estate del 1500 la torre fu brevemente persa durante la guerra contro Firenze. Il 25 di giugno Paolo Vitelli con le sue truppe si unì a Rinuccio di Marciano sotto Cascina, che dovette capitolare dopo un giorno: le deboli guarnigioni pisane che presidiavano la torre di Bocca d’Arno ed il ridotto dello Stagno si ritirarono alla prima intimazione delle truppe nemiche che avanzavano per assediare Pisa. Ma il Vitelli, confrontato dall accanita resistenza dei pisani e da un autunno precoce e piovoso, già dopo due mesi si risolse a sciogliere l assedio
Dalla metà del XVI secolo avrà inizio comunque un periodo di due secoli e mezzo, con i Medici prima (da Cosimo I a Gian Gastone) e i Lorena dopo (da Francesco II a Leopoldo II) senza vistosi episodi di tensioni o operazioni belliche: fra il 1576 (accessione al trono di Francesco I) e il 1765 (anno in cui arriva Pietro Leopoldo) si avrà un lungo arco di tempo caratterizzato da un clima che potremmo chiamare di pace operosa. Anche le antiche torri costiere del Granducato, tra queste quella di Bocca d Arno, finiranno per perdere (così come del resto la marina militare) buona parte delle loro funzioni più spiccatamente belliche mantenendo il compito di assicurare le coste dagli attacchi dei barbareschi, e in una certa misura quello di controllo del litorale, vigilanza doganale e presidio sanitario. Durante i secoli sono stati numerosi gli interventi di correzione delle anse dell Arno tra Pisa e la foce finalizzati a raddrizzare il corso del fiume che presentava, soprattutto a causa della debole pendenza, un andamento accentuatamente sinuoso, determinando gravi danni, durante i ricorrenti periodi di piena, con le enormi alluvioni. L esteso insabbiamento sedimentizio, evidentissimo davanti alla foce e fino a Livorno, causava inoltre seri problemi di navigazione sul fiume, ma anche in mare, per la flotta commerciale e sopratutto per quella militare dell Ordine di Santo Stefano. Per aumentare la velocità di deflusso delle acque furono effettuati in epoche diverse “tagli” al Gatano (X secolo), alla Vettola e a Casine Nuove di San Rossore (nel 1348), e infine in corrispondenza della foce, che nel 1606 fu spostata verso nord di alcune centinaia di metri mediante il cosiddetto taglio Ferdinando, dal nome del Granduca Ferdinando I, allora regnante. Nel 1606 infatti il Granduca, convinto anche che l orientamento della foce del fiume verso i venti di libeccio ostacolasse il deflusso delle acque in mare, ordinò di tagliarne il corso con una chiusa alla curva dei Bufalotti, a ovest di S. Piero a Grado. Un nuovo alveo (il taglio Ferdinando) fu scavato durante alcuni mesi e conseguentemente la foce fu spostata, girandola a maestrale di un chilometro e mezzo circa, in direzione nord-ovest, rispetto allo sbocco originario. L antico letto del fiume, ridotto progressivamente ad acquitrino, prese il nome di Lama Ferdinando e, gradualmente bonificato, formò con il terreno circostante una vasta area coltivabile, la futura fattoria di Arnovecchio, avente la configurazione di un grande triangolo isoscele irregolare, i cui lati erano costituiti dal nuovo e vecchio letto del fiume e la base dal litorale marino compreso fra le due foci.
Pur separato ora dalla tenuta di San Rossore dal nuovo corso del fiume questo vasto territorio fu considerato come appartenente allo stesso originario possesso del Capitolo della Cattedrale di Pisa, condotto in affitto dai Medici prima, e successivamente (sempre a titolo di enfiteusi) dalla dinastia dei Lorena: i quali, a loro volta, come già i loro predecessori, affidarono le varie fattorie e tenute in affitto a facoltose famiglie del posto. Lo spostamento del corso dell Arno e il naturale avanzamento litoraneo avevano a metà del XVIII secolo ormai reso l antica torre di Bocca d Arno largamente inservibile, tanto da rendere indispensabile la costruzione del Fortino ( ; e poi della Dogana, nel 1770). Situata originariamente sulla riva destra dell antico corso del fiume aveva continuato a servire da avamposto di difesa e di avvistamento – ma soprattutto la distanza dal mare, ormai quasi due chilometri e mezzo, la rendeva inefficace alla sorveglianza costiera, per quanto ancora sporadicamente presidiata, secondo la nota rilevazione delle torri costiere del Granducato eseguita sotto la direzione del Colonnello Edouard Warren, condotta a termine nel N mani dei Medici prima e dei Lorena poi, che vi organizzarono grandi fattorie in parte appoderate a mezzadria, tra le quali Casabianca e Arnovecchio, tra fiume e Colline Livornesi. Mentre il primo Granduca dei Lorena, Francesco II, poco si occupò di S. Rossore e di Amovecchio (come del resto di tutte le questioni della Toscana poiché, per tutta la durata del suo regno, continua a risiedere a Vienna), grande impegno nell’amministrazione dei beni e in genere nel govemo dello Stato, fu posto da Pietro Leopoldo I. Nel 1780, quando Pietro Leopoldo decide che i beni nel pisano devono essere venduti o allivellati, la fattoria di Arnovecchio, cosi come risulta nel volume delle stirne eseguite dai periti Francesco Romani e Marco Grazzini e nel volume delle piante dell ingegner Giovanni Caluri, ha assunto una nuova organizzazione, facendo centro sulla torre di Bocca d Arno. È divisa in cinque poderi (del Gallo, dell Anatra, del Pappagallo, del Colombaccio e quello Nuovo della Torre), ognuno dei quali dotato di un congruo numero di prese di terra e di una casa per la famiglia del lavoratore, case che il Caluri ha progettato e fatto costruire, con semplici ma razionali criteri, attorno alla vecchia torre, dopo aver adattato questo stesso edificio anch esso a casa colonica. Sulla base delle decisioni assunte l anno precedente, Pietro Leopoldo motu proprio, sedendo Pio VI e lui stesso felicemente regnando, il dì cinque del mese di Aprile dell anno 1781, concede in enfiteusi al signor Lazzero Appolloni di Bagni di S. Giuliano, ai suoi figli e 6 7 discendenti, in infinito finché durerà la di lui linea, per l annuo canone di scudi 550, la tenuta di Arnovecchio. 10 Appena ceduta in enfiteusi la tenuta, Pietro Leopoldo ordinò all ingegner Caluri nuove carte e piante dei poderi di Arnovecchio (e una ricognizione dei confini con Tombolo, allora di proprietà dell Arcivescovo di Pisa). L insieme delle carte dei poderi disegnati dal Caluri, fornisce un immagine complessiva della tenuta dalla quale è possibile intuire non solo quale fosse l organizzazione e lo sfruttamento dal punto di vista agricolo ma anche l utilizzo, secondo le caratteristiche delle diverse zone, e a fini diversi da quelli dell agricoltura. Il corso antico del fiume, ad eccezione di un primo tratto in prossimità della tura dei Bufalotti che si sta colmando con le torbe d Arno, non appare affatto prosciugato, tanto da essere indicato come porzione di Arno Vecchio ad uso di pesca, al limite del quale, e all incrocio col Fossetto della Pesca, che attraversando tutta la tenuta si butta nel nuovo Arno, compare la capanna dei pescatori. Dal Fossetto della pesca fino alla spiaggia si stende una vasta zona boschiva attraversata anche da una lunga linea di dune, da sempre conosciuta come i Poggi Lungomare, che fin dal tempo dei Medici è stato memorabile ed ambito teatro di caccia ad ogni specie di selvaggina; la parte più intensamente coltivata appare quella nel cuore della fattoria, al centro della quale sono rappresentate le cinque case coloniche, con i loro orti, le capanne, il forno per la cottura del pane. Ottanta anni dopo la concessione enfiteutica originale, il 18 settembre 1860, con regolare atto di affrancazione livellaria (la rendita era stata trasferita nel marzo del 1849 all Arcispedale di Santa Maria Nuova di Firenze) i nipoti di Lazzero Appolloni diventano definitivamente proprietari di Arnovecchio e di quello che resta dell antica torre di Bocca d Arno: la proprietà passerà successivamente alla ditta Tardia e Comp. (con atto del 15 luglio 1925) e infine nel 1933 alla Fondiaria Agricola Toscana di Carlo Orsini Baroni. Della costruzione originaria solo la torre è rimasta: casa colonica, casino di caccia per gli Appolloni prima, incorporata poi durante il 1800 nella loro casa padronale, i muri perimetrali della torre sono allo stato attuale tuttora inglobati nel lato a mezzogiorno dell’edificio principale della villa di Arnovecchio (la vecchia casa padronale degli Appolloni) di cui costituiscono i due locali centrali di accesso, al piano terreno e al primo piano (ingresso al piano di abitazione) nonché in parte della soffitta.

Nel suo “Pionieri del Litorale” Antonio Ghionzoli scrive
La tenuta si componeva di vari poderi a cui vennero dati i seguenti nomi: del Gallo, dell’Anatra, del Pappagallo, del Colombaccio e quello Nuovo della Torretta o Torre di Arnovecchio. Dalle carte redatte sempre dal Caluri, redatte appunto per conto degli Appolloni in quegli anni, si rappresentano questi poderi e lo stesso si incaricherà di realizzare le case per i lavoratori. Per uno di questi edifici il luogo in parte era segnato e predestinato da preesistenze e cioè
da ciò che restava di una delle due vecchie torri poste sulla vecchia foce dell’Arno. Tutti questi poderi però avevano in fulcro e a questo facevano riferimento; in parte accerchiava con i suoi edifici rurali ciò che rimaneva della torre che si trovava a destra del vecchio tracciato dell’Arno e addirittura inglobando la stessa costituendo quasi il borgo rurale dell’intera tenuta dimostrato anche da fatto che qui venne realizzata la chiesetta per i riti religiosi della zona (oggi si trova all’interno della proprietà della famiglia Orsini Baroni).
Seguirono le costruzioni di altri edifici rurali tra cui quello denominato I Poggi che era il più esposto verso ovest e si andava ad aggiungere agli altri due più importati e già conosciuti nelle vicinanze: il Fortino e la Dogana.
Furono anni di intensa attività agricola facilitata dal fatto che progressivamente i terreni venivano bonificati mantenendo comunque una buona qualità produttiva e questa zona, unitamente al crescente interesse dato dalla pesca, dalla caccia, dalle attività legate alla escavazione della rena, alla commercializzazione dell’acqua di mare e non ultimo la qualità salutistica del luogo, acquista sempre più interesse, attenzione e attrazione.